INCONTRO SUL PONTE



Una notte a Pavia, mi capitò di attraversare il ponte coperto, e fu giusto a metà ponte che incontrai quello straordinario turista. Dico turista perchè mi rivolse la parola in francese, e in quella lingua mi sforzai di rispondergli, sbagliando qualche verbo e qualche plurale. Non esistono leggi che proibiscono ai turisti di smarrire la strada sul ponte coperto di Pavia.
Dico però che si trattava di un turista straordinario, perchè quando mi ebbe fatto voltare con un discreto "psst, psst", e lo vidi, seminascosto dietro una colonna, non potei trattenere un "oh!" di meraviglia. Portava un costume del Cinquecento, ma un costume da pezzo grosso, una sciccheria che avrebbe fatto la sua bella figura anche alla corte del Re Sole o nel romanzo dei Tre Moschettieri. Non esistono leggi che proibiscano ai turisti francesi di, aggirarsi di notte, sul ponte coperto di Pavia, in costume da D'Artagnan o da Gran Ciambellano.Lì per lì pensai che quel signore, dopo aver partecipato a un ballo mascherato, avesse deciso di rincasare a piedi e, giunto in mezzo al ponte, avendo forse bevuto un po' troppo, non sapesse decidere se scendere sulla riva destra o sulla riva sinistra del Ticino.
- Dove abitate? - gli domandai. (Come sapete in francese si dà del "voi" e si ha sempre l'impressione di rivolgere le domande a una folla).
- A casa mia, - mi rispose con un moto di stizza, evidentemente perchè voleva essere lui a fare le domande. - Questo è lapalissiano, - osservai.
Se gli avessi detto: "Guardi quel marziano che sta volando con un ombrello", non avrei ottenuto un effetto maggiore: il turista moschettiere pareva colpito dalla folgore. Spalancava la bocca, la richiudeva, tornava ad aprirla nel tentativo di cacciar fuori una parola, ma non ci riusciva. Temetti che le parole gli restassero in gola e lo soffocassero; perciò gli battei qualche colpo sulla schiena, come si fa quando uno ha un accesso di tosse. Finalmente potè balbettare: - Come avete detto?
- Io? Vi ho semplicemente chiesto dove abitate.
- Sì; ma poi vi ho risposto che abito a casa mia, e a questo punto voi avete pronunciato una strana parola.
. -Ah, già! Ho detto "ma è lapalissiano". E' un'espressione corrente, per dire che una cosa è evidente, talmente chiara che solo uno stupido potrebbe metterla in dubbio. Debbo confessare che non capisco la vostra sorpresa: non vi ho mica minacciato di morte.
- Mi sapreste spiegare perchè si dice "lapalissiano" ? S'intende che se non lo sapete non siete tenuto a spiegarmelo.
- Anche questo mi sembra un buon esempio di logica lapalissiana: se non lo so, significa che lo ignoro.
- Per l'appunto.
- Però lo so. Mi stupisce che non lo sappiate voi, che siete francese. Tutto ha origine, infatti, da un'antichissima canzoncina popolare francese, che ora mi permetterò di cantarvi, sebbene purtroppo io sia alquanto stonato:
Monsieur de La Palisse est mort,
il est mort devant Pavie:
un quart d'heure avant sa mort
il était encore en vie...
(Traduzione libera: è morto il signor di La Palisse, è morto alla battaglia di Pavia, un quarto d'ora prima che morisse, la vita ancor non gli era andata via ... )
- Comprendete? - proseguii. - Un quarto d'ora prima di morire non solo il signor di La Palisse, ma anche Giulio Cesare, Napoleone Bonaparte e altri famosi personaggi storici erano "ancora vivi". Oso dire che anch'io, nel mio piccolo, sarò vivo fino al momento in cui morirò. Ma che fate, signore, piangete?
- Così e, caro amico: e come potete vedere, ogni volta che piango mi escono le lagrime dagli occhi.
- Veramente?
- Sono fatto così, e non c'è rimedio. Se fossi fatto in altro modo sarei diverso.
- Straordinario! Ed eravate così anche da piccolo?
- Purtroppo. Però ero molto ben educato: non mi levavo mai il cappello senza scoprirmi la testa, e quando avevo la bocca chiusa non parlavo, specialmente in presenza di estranei. Poi crebbi, ma conservai le buone abitudini: e quando ero in campagna era inutile cercarmi a Parigi.
- Strano; ma sapete cosa vi dico? Il vostro linguaggio è il più "lapalissiano" che mi sia mai capitato di ascoltare.
- Per forza, amico mio; il signor di La Palisse sono io. Permettete che mi presenti? acques II Chabannes de La Palisse, Maresciallo di Francia, morto alla testa dei Francesi alla battaglia di Pavia, nel 1525.
- Morto?
Lo guardai attentamente. Un fantasma, dunque. Il fantasma di un celebre condottiero del Cinquecento. Altro che ballo mascherato.
- Scusate, - dissi, facendo un passo indietro. - E' molto tardi e mi aspettano a casa.
- Vedo che anche voi quando ve ne andate non rimanete, - osservò tristemente il signor di La Palisse.
- Non so in che cosa potrei esservi utile, - balbettai. - Forse un funerale?
- Mi siete già stato molto utile. Ho compreso finalmente che cosa mi costringe a vagare nei dintorni di Pavia, e dentro le mura della città medesima.
- Ve l'ho detto io?
- Senza volerlo, sì. Vedete, signore? Per la storia io sono morto più di quattro secoli or sono. La Francia dopo di me, ha avuto condottieri assai più famosi, e mi ha dimenticato. Che cosa resta di me? Una canzonetta e un aggettivo qualificativo: lapalissiano. Ma anche l'aggettivo ha origine dalla canzonetta. Fin che esisterà Pavia e fin che esisterà qualcuno in grado di ripetere quella canzonetta, io sono legato per sempre a questi luoghi in cui, un quarto d'ora prima di morire, ero ancora vivo.
- Non conoscevate né la canzone né l'aggettivo?
- No, caro amico. Voi siete il primo ad avermene parlato, e da ciò potete agevolmente dedurre che nessuno me ne ha parlato prima di voi. Mi consolo, però. Il mio nome, almeno, non è morto del tutto.Conosco personaggi più infelici di me. Per esempio, un famoso re che gridò nel bel mezzo di una famosa battaglia, la famosa frase; "Il mio regno per un cavallo".
- Ah, sì! Conosco, conosco.
- Conoscete il nome di quel re?
-,No, ma conosco la frase.
- Ecco, vedete? Tutti ricordano la frase, ma pochissimi il re che l'ha pronunciata. Non vi dico la sua tristezza.
- Capisco. Ma, perdonate la mia curiosità: vi succede spesso di conversate con qualcuno, pavese o di passaggio?
- Molto di rado, signore.
- Come mai?
- Generalmente non mi vedono, signore.
- Ma perchè?
- Perchè non mi guardano.
Anche questa risposta mi parve molto lapalissiana. Chinai il capo per riflettere un momento, e quando lo rialzai il signor di La Palisse era scomparso. Sempre corretto ed educatissimo, quando scompariva non era più possibile vederlo.










Per chi non lo sapesse: il re di cui parlano i protagonisti del racconto è Riccardo III; la frase è tratta dall'omonima tragedia di Shakespeare (Cosciotto D'Aquila)